Come si riconosce un matematico senza parlare di matematica

Un matematico non si può riconoscere ad occhio, bisogna conoscerlo, ascoltarlo, studiarlo. Devi conoscerlo per poterlo capire.
 Un matematico non è né bello né brutto. Può essere bellissimo o bruttissimo. Un matematico non è né alto e né basso. Può essere grasso o gran bevitore, può essere astemio o un politico. Un dormiglione. Un cieco dalla nascita! Può essere nero, bianco, o indiano, o di una qualsiasi razza. Può essere ricco e benestante o poverissimo.
 E’ chiaro che non tutti quelli che studiano matematica si possono definire matematici, è ovvio che non tutti i professori di matematica sono dei matematici.

Un matematico vero può esserlo un ottimo avvocato, un grande ingegnere, un fine falegname, un professore di matematica, il ragazzo con cui giochi a scacchi e che non riesci mai a battere.
Un matematico può essere la ragazza della porta accanto, può essere Miss Italia, può essere la più brutta del paese. Addirittura può essere lo scemo del villaggio.
Secondo me, si può scorgere un matematico in una discussione di bar, sul treno, tra amici, ad una festa… ecc.
Se si sa cosa notare, si può scorgere un matematico in ogni luogo.
Come? Semplicissimo. Basta capire chi in una discussione tende ad innervosire l’interlocutore, ossia chi tende a controbattere le affermazioni fatte con esempi e controesempi che tendono ad innervosire “l’avversario”.
Questo è un indizio, è un metterti sul chi va là. Se noti qualcosa del genere in una discussione è forse il caso di prestare un po’ più d’attenzione.
Qualcuno potrebbe dire, allora qualsiasi scemo del villaggio, che senza essere interrogato si inserisce in una conversazione, può essere un matematico. Potrebbe anche essere così, ma in quel caso ci sono buone probabilità che lo scemo del villaggio è proprio chi cerca di scorgere un matematico!
Ritorniamo al nostro indizio, se scorgi, dunque, qualcuno che ha questa capacità di innervosire “l’avversario”, hai trovato il soggetto che potrebbe essere un matematico. Bisogna fare chiaramente ancora qualche verifica. Ossia, bisogna ascoltarlo, capirlo e quindi giudicarlo.
Qual è dunque il secondo passo da fare?
Il secondo passo è cercare di capire se, l’ipotetico matematico, tende a “ripulire” l’affermazione fatta dal suo interlocutore da elementi inutili e fuorvianti.  Un matematico sicuramente non è un amante del barocco; somiglia, più ad uno “spazzino” che al re Sole.
L’affermazione di cui si disquisisce, nelle mani del matematico, apparirà libera da orpelli, chiara, semplice ed enunciata in maniera inequivocabile.
A questo punto, viene il bello. Questo è il momento cruciale. Arriva l’attacco. In questo frangente, l’ipotetico matematico, ti potrà sembrare un violento. Dotato di una violenza inaudita e di una mancanza totale di rispetto.
L’unica cosa che sembra interessargli è l’attacco. La confutazione, la distruzione totale dell’affermazione fatta dal suo interlocutore.
L’idea è proporre un esempio che faccia scaturire, chiaramente, dall’affermazione  una contraddizione. Se il matematico, è ora di chiamarlo così, riesce nell’intento è probabile che l’interlocutore, in preda ad una crisi di nervi, abbandoni il campo, sproloquiando ed offendendolo.
Per spiegare meglio la situazione voglio proporre un esempio ispirato ad un fatto realmente accaduto, circa 20 anni fa. …continua