Renato Caccioppoli

“Figura quasi leggendaria della matematica italiana del secolo scorso, Renato Caccioppoli (1904-1959) visse tutta la sua (breve) esistenza in un anomalo (e instabile) equilibrio tra democrazia popolare e ribellione anarchica, tra rifiuto delle istituzioni ed elitarismo intellettuale.
Essendo nipote di Bakunin, l’impulso alla rivolta contro l’ordine costituito era per lui quasi scontato, inevitabile.
Per ironizzare sul divieto fascista di portare i cani di piccola taglia al guinzaglio (cosa che avrebbe “compromesso” la virilità degli uomini), era solito passeggiare per le strade principali di Napoli con un gallo al guinzaglio e l’immancabile Unità nella tasca del suo inseparabile impermeabile beige, sporco e sgualcito.
Fu proprio il fatto di vestire trasandatamente e di indossare sempre i medesimi indumenti, in qualsiasi periodo dell’anno (che facesse caldo o freddo), a “salvarlo” quando fu arrestato per accattonaggio.

Si racconta che un giorno fu fermato di notte dalla polizia per un controllo a Piazza Garibaldi, a Napoli, vicino alla stazione ferroviaria.
Quando affermò di essere docente di Analisi Matematica presso l’Università Federico II di Napoli, gli agenti chiaramente non gli credettero e lo arrestarono.
L’indomani chiamarono telefonicamente l’Università.
A rispondere fu un collega e amico di Caccioppoli, Carlo Miranda, che, alla domanda della polizia, replicò chiedendo se il soggetto in questione avesse un impermeabile e una canottiera bianca. L’agente disse di sì e il collega del matematico confermò che la persona che avevano arrestato era senza ombra di dubbio Renato Caccioppoli.
Nel maggio del 1938, in occasione della visita di Hitler a Napoli, Caccioppoli fece suonare l’inno nazionale francese da un’orchestrina, e subito dopo iniziò a parlare contro il fascismo e il nazismo in presenza di agenti dell’OVRA (polizia segreta fascista).
Fu arrestato con il rischio di confino, ma sua zia, Maria Bakunin, all’epoca docente di Chimica all’Università di Napoli, muovendo tutte le leve di potere, riuscì a farlo scarcerare, convincendo le autorità dell’incapacità di intendere e di volere del nipote. Evitando prigione e confino (oltre alla fine della sua carriera accademica), Caccioppoli si salvò entrando in manicomio. Accanto alla matematica e alla politica, l’altra sua grande passione fu la musica.
Ottimo pianista, ad un comizio programmato in un teatro di Bari, dove doveva intervenire come partigiano della pace, invece di parlare, decise di suonare per un’ora al pianoforte che era rimasto in un angolo di palco.
Per quanto concerne l’insegnamento, Caccioppoli non era il professore che ogni studente sogna di avere: a volte teneva le lezioni in napoletano, altre volte era visibilmente ebbro e distratto; arrivava sempre in ritardo e spesso abbandonava l’aula in largo anticipo (la sua giustificazione era che un quarto d’ora delle “sue” lezioni contenevano più scienza e informazione di due ore di lezione normale).
Un giorno alcuni studenti posero un preservativo sulla cattedra, prima dell’inizio della lezione.
Caccioppoli entrò, fece tutta la sua lezione senza dare alcun
segno di rabbia o di sdegno, e quando terminò, uscendo si arrestò sulla porta e disse:
“A proposito, qualcuno di voi ha dimenticato il suo cappello sulla cattedra”.
Bocciava moltissimi studenti con estrema facilità e anche se affascinati dal suo carisma, erano in tanti a seguire le sue lezioni per poi andare a sostenere l’esame con il professor Miranda, che teneva i medesimi corsi di Caccioppoli ad anni alterni.
Durante un esame chiese ad uno studente di disegnare una retta sulla lavagna.
Quest’ultimo disegnò un segmento, ma il matematico napoletano non era soddisfatto.
L’allievo allora allungò la linea, arrivando ad occupare tutta la lavagna, ma Caccioppoli gli ordinò di continuare.
Allora lo studente passò il gesso sul muro fino a giungere alla porta della stanza.
Ad un cenno del professore, uscì dall’aula continuando a passare il gesso sul muro.
Fu, quindi, bocciato: avrebbe dovuto disegnare un segmento e tratteggiarne gli estremi.
Durante un altro esame, il suo assistente, il sacerdote Savino Coronato, chiese ad uno studente di risolvere alla lavagna una equazione differenziale.
Sfortunatamente per l’allievo, il prete si era confuso assegnandogli un’equazione che non era risolubile analiticamente.
Naturalmente non riuscì a determinarne l’integrale generale e venne bocciato.
Caccioppoli non fiatò, ma quando lo studente si allontanò, si avvicinò al prete e disse:
“Quest’equazione differenziale la sappiamo risolvere solo io e il tuo padrone! ” (Caccioppoli era ateo).
Convinto che le donne non fossero in grado di comprendere la matematica, ad una studentessa (futura professoressa di Fisica alla Federico II) che sostenne con lui l’esame, disse alla fine dello stesso:
“Signorina, nonostante lei sia una donna, le devo mettere 30 e lode”.
Durante una lezione, Caccioppoli domandò ad uno studente:
“Sei in cucina, devi cucinarti un piatto di spaghetti. La pentola con l’acqua è sul tavolo di cucina. Il fornello è già acceso. Qual è la prima operazione che fai?”.
“Metto la pentola sul fornello” rispose prontamente l’allievo.
“E se la pentola non si trova sul tavolo, ma sul piano della credenza?”.
“Fa lo stesso: metto sempre la pentola sul fornello”.
“No: se sei un matematico, la metti sul tavolo di cucina e ti riconduci al caso precedente”.”
Testo a cura di prof Vincenzo Giordano