Statistica e inflazione

Chi non è sottoposto all’inflazione alzi la mano! Tutti, lo siamo.
Vediamo di cosa si tratta e come conviene calcolarla.
Consideriamo un impiegato statale medio, con uno stipendio netto di euro 1500 al mese.
Cosa farà con questi 1500 euro? Li utilizzerà, come è ovvio, per vivere, ossia li spenderà per i propri consumi (necessari e non necessari).
Per semplificare le cose, ipotizziamo che i consumi del nostro impiegato, signor X, siano nel 2004 proprio pari a 1500 euro mensili, come indicato nella seguente tabella.

Ebbene, cosa succede al signor X nel 2005?
Se lo stipendio rimane invariato e se i costi di ogni singola categoria (voce) non cambiano allora continuerĂ  a fare la stessa vita, con lo stesso potere di acquisto e con gli stessi consumi.
Ma se cambiano i prezzi delle singole voci (o di una sola voce), e rimane invariato lo stipendio, il signor X sperimenterĂ  una mancanza di soldi a fine mese, fermo restando i propri consumi. In sostanza l’inflazione (aumento dei prezzi) gli procura una perdita di potere di acquisto dello stipendio, secondo la formula riporta nell’Osservazione 1.
Pertanto, sarĂ  indotto a tagliare i consumi (qualche voce ) o a cercare un ulteriore lavoro, per potersi permettere lo stesso standard di vita.
Lo Stato, per venire incontro al signor X, aumenta lo stipendio diciamo del 5% annuo, ossia, gli dà nel 2005 circa 75 euro mensili in più. Quindi lo stipendio del signor X è 1575 euro mensili (netti).

La domanda è: Sono sufficienti questi 75 euro per permettere al signor X lo stesso standard di vita del 2004?
La risposta è Sì se l’aumento dei prezzi delle singole voci è in totale proprio pari (o inferiore) a 75 euro mensili; la risposta è No, in caso contrario.
In sostanza, il signor X per sapere se avrà lo stesso standard di vita del 2004, deve confrontare l’aumento dei prezzi delle singole voci, con i 75 euro mensili.
Oppure, si può servire del servizio offerto dall’Istituto Nazionale di Statistica, per accertare qual è l’inflazione annua, ossia qual è l’aumento dei prezzi in percentuale, e di conseguenza rendersi conto di come cambia il suo standard di vita.
Ipotizziamo che, l’Istituto Nazionale di Statistica affermi che l’inflazione media è del 3%. Pertanto, stando a questo dato il signor X dovrebbe sperimentare un miglioramento della qualità di vita. Precisamente, potrà fare gli stessi consumi mensili, e ritrovarsi nelle tasche oltre un 2% in più, cioè oltre 30 euro mensili.
Questo è quello che dovrebbe succedere se tutti fossero costretti ad aumentare i prezzi dei beni di consumo proprio del 3%.
Nella realtĂ  quotidiana i prezzi, anno per anno, hanno un aumento maggiore e a volte imprevedibile, e quindi il signor X non ritrova i 30 euro mensili in piĂą, anzi sperimenta una riduzione dei consumi e quindi della sua qualitĂ  della vita.
La prima cosa da capire  è come calcolare adeguatamente la percentuale d’inflazione e stabilire quanto incide, in percentuale, ogni categoria (voce) di spesa sul proprio stipendio.
In sostanza, a rigore si dovrebbero considerare tutte le voci di spese e per ognuna calcolare l’aumento, quindi stabilire la percentuale media dell’inflazione.
Questo è quello che fa l’Istat, con l’unica eccezione, e fondamentale, che non considera tutte le voci, ma solo quelle di un paniere di beni, che però non è adeguato alla realtà quotidiana o ai singoli cittadini.
E’ ovvio che variando il paniere di beni si possono ottenere i risultati che vogliamo.
A mio avviso, semplificando leggermente, è consigliabile considerare le voci della seguente tabella (alcune categorie accorpano più voci).
Nella tabella seguente abbiamo riportato la spesa del signor X in relazione alla categoria di spesa e la relativa percentuale di incidenza sullo stipendio stesso.
Ad esempio la categoria “Trasporto” incide per circa il 16,6% sul totale dello stipendio, mentre la voce “Spese alimentari” per il 20%.
La tabella indica che il costo d’affitto (26%) è quello che incide di più sullo stipendio, poi la spesa per gli alimenti (20%), quindi il trasporto ( 16%), … ecc.

Il potere di acquisto dello stipendio, e quindi la qualità della vita del signor X, è più soggetto, ad esempio, all’aumento dei costi del trasporto che  all’aumento della categoria “telefonia e corrente elettrica”. Pertanto, un aumento percentuale del prezzo della benzina, incide di più sul potere di acquisto dello stipendio del signor X, rispetto allo stesso aumento della “telefonia e corrente elettrica”.
Una diminuzione percentuale del costo del categoria “Spese alimentari” non compensa l’aumento della stessa percentuale della categoria “Affitto e riscaldamento” .
Quindi il signor X deve fare i conti con gli aumenti percentuali delle singole categorie. Ipotizziamo allora che la benzina in un anno aumenti del 30%,  mentre le altre categorie registrino un incremento del 3% .
In tale ipotesi il signor X nel 2005 avrĂ  una spesa, a paritĂ  di consumi di 1633,1 euro mensili.

In sostanza, l’incidenza sullo stipendio nel 2005, del solo costo della benzina, è del 21,6%, contro il 16% dell’anno 2004. Dobbiamo, inoltre, tener conto di tutte le altre categorie, che, come ipotizzato, hanno avuto un aumento percentuale medio del 3% .
Pertanto l’inflazione sperimentata (vissuta) dal signor X è:

(3% + 21,6% + 3% + 3% + 3% + 3%): 6 categorie = 6,1%.

Di conseguenza la perdita di potere di acquisto è:

P = 6,1/(100+6,1) = 5,75%

leggermente inferiore alla percentuale di inflazione,
Mentre il denaro in più per avere la stessa qualità di vita (consumi) del 2004 è:

Euro 133,1= 1633,1 – 1500

corrispondente ad un incremento dello stipendio, del 2004, di circa 8,8%.
Se il conto venisse fatto con la percentuale d’inflazione (6,1%) si avrebbe invece

Euro 91,5= 1500 x 6,1%

ossia al signor X mancherebbero solo 91,5 euro per condurre lo stesso standard di vita del 2004.
Notiamo che la perdita di potere di acquisto dovuto all’aumento del 30% del prezzo della benzina è pari al 23%.
Il che significa che se nel 2004 con 100 euro il signor X comprava 100 litri di benzina (prezzo per litro di 1 euro) nel 2005 ne compra 77 e non 70 come si potrebbe essere indotti a credere.
Analogamente un aumento del prezzo della benzina nel 2005 del 50% farebbe si che il prezzo per litro di benzina salirebbe a 1,5 euro e di conseguenza con 100 euro si acquisterebbero 67 litri di benzina e non 50.
Povero rappresentante di commercio…!

E’ evidente che il calcolo della media dell’inflazione genera almeno un errore, poichĂ© il 6.1% della “Telefonia” non uguale al 6.1% della voce “Trasporti”.
Quindi i 75 euro di aumento dello stipendio lasciano il signor X comunque con un debito di circa 67 euro mensili (67 = 133 – 75).

Come ci si può tutelare? 

  • L’impiegato del nostro esempio, deve rassegnarsi a ridurre i consumi oppure a trovare un altro lavoro. Pena l’indebitamento continuo, che, con una perdita costante di 67 euro mensili, produrrĂ  dopo circa 23 mesi, la spesa anticipata dello stipendio del ventiquattresimo mese, ossia al ventiquattresimo mese non avrĂ  soldi, dovendo pagare i debiti accumulati precedentemente, grazie all’inflazione. 
  • I liberi professionisti, artigiani, commercianti cosa possono fare? Possono tentare di far qualcosa aumentando le parcelle o i prezzi dei beni venduti, o dei servizi offerti, di una percentuale adeguata, considerando però che l’aumento dei prezzi dei beni o dei servizi induce una riduzione delle vendite (cioè del guadagno). 
  • Gli uomini d’affari invece che devono fare? Quanto devono chiedere per i propri prestiti per avere un effettivo guadagno? Se gli interessi fossero del solo 6.1%, nelle ipotesi del nostro esempio, avrebbero prestato il loro capitale a costo quasi zero.

Ipotizziamo, ad esempio, che il signor Y presti 18000 euro per un anno al signor X, e che questi versi dopo un anno al signor Y i 18000 euro +  il 6.1% d’interessi, ossia che gli versi 19098 euro. In questo caso, il signor Y avrebbe, dopo un anno, lo stesso potere d’acquisto (quasi) che aveva l’anno precedente. In realtà il numero aumenta, ma il potere d’acquisto è sempre lo stesso.
Se il signor Y non fosse attento potrebbe essere indotto a credere di aver ottenuto un guadagno per il fatto che 19098 è maggiore di 18000.
Un guadagno reale deve aumentare il nostro potere d’acquisto.

Pertanto, il signor Y volendo guadagnare, dal prestito di denaro al signor X, almeno il 5% dovrà chiedere almeno l’11% d’interessi.
Quindi quando investiamo i nostri soldi ( in BOT, CCT o in altri prodotti finanziari) presso Banche e compagnie assicurative, e ci danno il 2% d’interesse – o un valore pari, o leggermente superiore all’inflazione calcolata dall’ISTAT – ci stanno, in realtĂ , prendendo i soldi (che investiranno per il loro guadagni) a costo zero.
Addirittura, le finanziarie (Banche, Compagnie Assicurative ecc.) prendono i nostri soldi, guadagnano, e ci restituiscono di meno di quello che gli abbiamo dato.
L’illusione sta nel fatto che il numero che esprime i soldi che noi diamo alla Banca  è minore del numero che esprime i soldi che la Banca ci restituisce.
In realtĂ , se prestiamo dei soldi a qualcuno stiamo erogando un servizio e questo dovrebbe fruttarci un aumento di potere d’acquisto e non una diminuzione del nostro capitale.
Quando ci promettono la garanzia del numero che esprime il nostro capitale investito, in realtĂ , si stanno garantendo di non restituirci un bel niente; mentre la garanzia del 2% esprime che di sicuro avremo meno potere d’acquisto rispetto all’anno precedente (almeno fino a quando i prezzi al consumo avranno lo stesso andamento di questi ultimi anni 2000 – 2005). Per rendersene conto esiste un metodo semplice semplice che ora voglio consigliare.
Ipotizziamo di investire 10000 euro per un anno con la garanzia del 2% d’interesse e un valore atteso del 4,5% (valori netti). Cosa succede dopo un anno? Avremo un capitale compreso tra 10200 euro e 10450 euro.
Ipotizziamo ancora che l’anno precedente il costo di 1 litro di benzina sia stato di 1 euro e che invece quest’anno sia di 1,10 ( ipotesi plausibile) e proviamo a calcolare quanti litri di benzina si possono calcolare nei due anni. Nel primo anno si potevano comprare proprio 10000 litri, mentre nel secondo anno, con 10450 euro di capitale, possiamo comprare circa 9500, con una perdita notevole e consistente:

  • mancanza del capitale di 10000 euro per un anno;
  • perdita di potere d’acquisto pari a 500 litri di benzina.

Abbiamo prestato i nostri soldi (10000 euro) e abbiamo ottenuto (10450 maggiore di 10000) una perdita in termini di litri di benzina pari a 500.
Qualcuno potrebbe obiettare: “perchĂ© calcolare rispetto alla benzina?”
PerchĂ© l’energia è determinante nella nostra societĂ  e perchĂ© è una delle variabili che piĂą incide sul nostro capitale, visto come è strutturata la societĂ  italiana.
Naturalmente si può fare lo stesso ragionamento utilizzando un altro bene, ma in ogni caso è opportuno confrontare con il bene (o paniere di beni) che più incide sul nostro capitale.
Non è opportuno, invece, utilizzare per il confronto delle singole tipologie di beni come elettrodomestici, alimentari… ecc.
Naturalmente se il nostro potere d’acquisto diminuisce anche rispetto agli elettrodomestici o rispetto agli alimentari allora vuole dire che stiamo sulla soglia della completa rovina.
Un altro esempio ideale consiste nell’ipotizzare che l’investitore – ossia chi presta soldi ad una Banca – mangi solo pezzi di pane per vivere.
E’ chiaro che l’anno dopo l’investimento deve avere piĂą pezzi di pane, in modo da utilizzare i pezzi di pane che gli servono per vivere (in uguale numero a quelli dell’anno precedente l’investimento), e vendere i pezzi eccedenti a chi ne ha bisogno onde ottenere un guadagno in termini di soldi o di altri beni.
Se dall’investimento fatto non ottiene pezzi di pane eccedenti vuol dire che non ha guadagnato niente – come e quanto mangiava l’anno precedente mangia l’anno dopo – anche se in termini numerici ha in tasca un capitale espresso da un numero maggiore rispetto a quello dell’anno precedente.
Quanto vale una casa ( o un terreno ) acquistato un anno prima?
Basta ragionare come un buon ed onesto uomo d’affari.
Per semplicità, basta considerare anno per anno il tasso d’interesse che chiede una Banca per un prestito, per capire di quanto deve aumentare la casa o il terreno per aumentare effettivamente di valore.

Infine, vorrei consigliare*, di misurare la perdita di potere d’acquisto del proprio reddito rispetto alla spesa che piĂą incide sul reddito stesso. Infatti, se si riuscisse ad aumentare anno per anno il proprio reddito della stessa percentuale, p, di aumento della categoria che piĂą incide sul reddito stesso, si avrebbe, anno per anno, un aumento del proprio potere di acquisto, ossia un aumento della qualitĂ  della propria vita**.
Il valore p è un valore per eccesso della perdita di potere d’acquisto, e quindi chi non riuscisse ad aumentare il reddito di p (in percentuale) non avrebbe una perdita reale pari a p (percentuale). Tale valore però rappresenta un limite di garanzia, ossia, chi riuscisse ad aumentare di una percentuale p il proprio reddito di sicuro aumenta  il potere di acquisto.
Viceversa, se si riuscisse ad aumentare il proprio reddito di una percentuale q uguale a quella della categoria di spesa che meno incide sul proprio reddito, si avrebbe la certezza che il proprio potere d’acquisto sta diminuendo.
Il valore medio ( p + q )/2 non garantisce l’aumento di potere d’acquisto né l’indebitamento.
Il valore h, ossia la percentuale di cui deve aumentare il reddito per non avere una perdita di potere di acquisto è compresa tra q e p, ma si avvicina più a p che a q.

Osservazione 1
Se aumenta il costo della vita (aumento dell’inflazione), diminuisce il potere di acquisto della moneta. Ma mentre l’inflazione può aumentare di qualsiasi valore la perdita di potere d’acquisto ha come limite il 100%.
Così, ad esempio, mentre è possibile un’inflazione del 100%, non è possibile una perdita di potere d’acquisto corrispondente del 100%: infatti una tale perdita di potere d’acquisto darebbe luogo alla perdita totale del valore del denaro, che è sbagliato.
Addirittura, come è avvenuto in passato, è possibile un’inflazione del 2000% o anche piĂą, ma ovviamente la perdita di potere d’acquisto del denaro rimane comunque sotto la soglia del 100%.
Ad un aumento dell’inflazione del 5% corrisponde una perdita di potere d’acquisto del 4,76%, ad un aumento dell’inflazione del 50% corrisponde una perdita del 33,33%, ad una aumento dell’inflazione del 100% corrisponde una perdita del 50%.
Infatti, se un dato bene avevo l’anno scorso un costo di 100 euro e quest’anno il suo prezzo è passato a 110, con inflazione del 10%, la percentuale della perdita di potere d’acquisto è 10/110%, ossia 9,09%. In sostanza, la perdita di potere d’acquisto si calcola in percentuale utilizzando una frazione avente al numeratore il valore percentuale dell’inflazione e a denominatore il prezzo corrente del bene (e non quello dell’anno precedente).
Notiamo infine, che per piccoli valori dell’inflazione (meno del 10%) si ha poca differenza con la relativa percentuale di perdita del potere d’acquisto e quindi nei calcoli si può usare l’un valore al posto dell’altro.
La formula che lega la perdita di potere di acquisto P e il valore dell’inflazione I è la seguente:

P = I / ( 100 + I )

Ad esempio se l’inflazione è del 100% ( I = 100%) la formula dĂ :

P = 100/( 100+100 ) = 1/2 = 0,5    ossia    50%

ossia una perdita di potere di acquisto del 50%.
Ad esempio se l’inflazione è del 50% (I = 50%) la formula dĂ :

P = 50/( 100 + 50 ) = 1/3

ossia una perdita di potere di acquisto del 33%.

Osservazione 2
Per sapere qual è la propria inflazione, essendo il calcolo effettivamente complicato, conviene formarsi una paniere di beni d’uso quotidiano, importante per voi, e che copre il vostro fabbisogno, annotare i prezzi di ogni prodotto (presso i vostri fornitori abituali) e calcolare l’incidenza del costo di ogni prodotto sul vostro reddito (cioè il relativo peso) .
Successivamente per calcolare la vostra personale inflazione in un arco temporale (diciamo di un anno) dovete rilevare i nuovi prezzi degli stessi beni, presso gli stessi fornitori, confrontare i prezzi, prodotto per prodotto, con quelli dell’anno precedente e calcolare il relativo peso.
Infine, confrontare il costo totale con quello dell’anno precedente e stabilire l’inflazione personale.

Osservazione 3
Riporto il prezzo della benzina e del gasolio per alcuni anni dal 1970 al 2008:

Un operaio (del mio paese) che nel 1980 guadagnava circa 25000 lire al giorno (12,9 euro) poteva comprare circa 34 litri di benzina, mentre un operaio del 2008 che guadagna circa 35 euro (circa 67.769 lire)  al giorno può comprare solo 25 litri di benzina, con una perdita di 9 litri di benzina ( 26%).
In pratica, lo stesso lavoro non gli consente di tenere lo stesso standard di vita (rispetto al carburante). Naturalmente oltre all’aumento del costo del petrolio incidono le varie tasse imposte dallo Stato, ma dal punto di vista del consumatore il risultato non cambia: acquista meno benzina con lo stesso periodo e tipologia di lavoro.

Un barile corrisponde a 158.987294928 litri di petrolio, ovvero 42 galloni.
Costo di un barile in euro: 80 (cambio ipotizzato 1 euro = 1,5$ ) [ maggio 2008]
A grandissime linee da un barile si ottengono 55 litri di benzina, 55 di gasolio,
0.5 litri catrame e altri derivati.

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* A rigore si dovrebbe calcolare l’aumento complessivo prodotto dall’aumento dei prezzi delle singole categorie.

**Il ragionamento è valido a consumi costanti. Ovviamente, se variano i consumi, bisogna apportare le opportune modifiche. Inoltre ho ragionato a reddito netto, un po’ diverso è a reddito lordo.