Breve storia della formula risolutiva dell’equazione di terzo grado

Foto tratta dalla pagina Facebook del prof. Vincenzo Giordano“La notizia della vittoria di Tartaglia ai danni di Fiore si diffuse rapidamente e raggiunse anche Gerolamo Cardano (1501-1576), una delle più stravaganti e controverse figure del XVI secolo, medico, astrologo, giocatore d’azzardo, matematico e filosofo. Cardano tentò di convincere Tartaglia a rivelargli la formula segreta ma quest’ultimo, in un primo momento, si oppose fermamente dal momento che era sua intenzione pubblicare la scoperta in una sua opera futura.
“Ti giuro sui santi Vangeli di Dio – e come vero uomo d’onore – non soltanto di non pubblicare mai le tue scoperte, se me le insegnerai; ma ti prometto anche, offrendo in pegno la mia fede di buon cristiano, di annotarle in codice, così che dopo la mia morte nessuno sarà in grado di comprenderle.”

Dietro una tale insistenza e una così solenne promessa, Tartaglia si arrese fornendo a Cardano il metodo risolutivo con i versi di una poesia (si veda la figura, tenendo presente che nell’algebra retorica la “cosa” è la nostra incognita x).
Ottenuta la soluzione dell’equazione cubica ridotta, cioè priva del termine quadratico, Cardano riuscì a risolvere l’equazione di terzo grado completa riconducendola in modo ingegnoso al caso noto.
Nel frattempo convinse il suo allievo Ludovico Ferrari (1522-1565) a dedicarsi alla ricerca della formula risolutiva dell’equazione di quarto grado, formula che questi ottenne nel 1540: peccato che ad un certo punto, in un passaggio della formula, si rendeva necessario risolvere un’equazione di terzo grado!
Ora mettetevi nei panni di Cardano: sapere di possedere dei risultati di straordinaria portata e non poterli pubblicare… Occorreva assolutamente fare in modo di annullare il giuramento fatto a Tartaglia.
A tale scopo, Cardano decise di recarsi a Bologna dove, accompagnato da Ferrari, sfogliando le pagine di un quaderno che Dal Ferro aveva affidato in punto di morte ad Annibale della Nave, appurò che era stato proprio Dal Ferro e non Tartaglia il primo a ricavare la formula risolutiva delle cubiche ridotte. Ritenendosi per questo motivo automaticamente sciolto dalla promessa fatta a Tartaglia, nel 1545 Cardano pubblicò il suo celebre trattato “Ars Magna” in cui erano presenti le formule risolutive delle equazioni di terzo e di quarto grado.
Ovviamente la cosa non andò affatto giù a Tartaglia che si sentì tradito e defraudato della sua scoperta: per tutta la vita, nutrì un odio profondo nei confronti di Cardano.
A onor del vero, Cardano specificò nel suo trattato i meriti di Tartaglia, Dal Ferro e Ferrari, anche se oggi le formule risolutive dell’equazione cubica sono note come “formule di Cardano”.
D’altra parte, anche Tartaglia non era certo un “santo”…
Ad esempio, pubblicò a suo nome una traduzione di alcune opere di Archimede che, in realtà, era opera dello studioso fiammingo Guglielmo di Moerbecke.
E presentò uno studio sulla meccanica di un corpo pesante su un piano inclinato che non era opera sua ma del matematico del Duecento Giordano Nemorario…
A questo punto, i matematici iniziarono a cercare la formula risolutiva delle equazioni algebriche di quinto grado. Ci si aspettava che fosse piuttosto complessa e che coinvolgesse in qualche modo oltre alle 4 operazioni elementari, le radici quadrate, cubiche ed eventualmente quinte: una formula, insomma, che, partendo dai coefficienti dell’equazione, consentisse di determinare le soluzioni della stessa mediante somme, sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni ed estrazioni di radici. Passarono oltre due secoli senza successo fino a quando Ruffini e Abel dimostrarono che una formula del genere non esiste. Galois andò oltre: dimostrò che una formula del genere non esiste per tutte le equazioni algebriche di grado maggiore di 4. E per farlo inventò una teoria del tutto nuova e meravigliosa: la teoria dei gruppi, il linguaggio matematico della simmetria e, quindi, dell’armonia e della bellezza.”
                   Testo a curira di prof. Vincenzo Giordano