Ad esempio, se puntiamo 1 euro sull’ambata al gioco del Lotto italiano, tenendo conto che la probabilità di conseguirlo è 1/18 e quella contraria è $1-\frac{1}{18}=\frac{17}{18}$, dovremmo guadagnare 17 euro, se il gioco fosse equo.
In teoria giocando per 18 volte l’estratto semplice dovremmo vincere una sola volta e perdere 17 volte.
Pertanto, visto che lo Stato paga soltanto 11,5 euro si evince che il gioco è totalmente a favore dello Stato e non equo. Nel caso del terno, per fare un altro esempio, le cose vanno ancora peggio. Infatti, sempre puntando 1 euro si dovrebbero guadagnare, in caso di vincita, circa 11747 euro, mentre lo Stato paga soltanto 4500 euro, trattenendo per spese di gestione 7247 euro.
Quindi la perdita è quasi sicura, e quando per fortuna si vince lo Stato non paga adeguatamente .
In sostanza lo Stato vince sempre.
Nota
Il gioco del lotto in Italia è chiamato anche Lotto di Genova perché la sua invenzione è attribuita ad un patrizio genovese, tale Benedetto Gentile, e in ogni caso pare che il gioco sia stato inventato a Genova a partire dalle scommesse praticate a Genova nel quindicesimo secolo ed era detto gioco del seminario o seminario di Genova.
Lo Stato monopolista oggi ricava dal gioco il 40% per l’estratto semplice al 98% per la cinquina. Da tale guadagno tolte le spese di gestione lo Stato ottiene una vera e propria entrata classificata come entrata fiscale indiretta. Proprio questa grossa differenza tra possibilità di vincita e vincita effettivamente pagata è nata la definizione popolare e polemica del gioco, “Il lotto è la tassa sugli imbecilli” e che un po’ si ritrova nel dire che uno ” Pare che dia i numeri al lotto” per indicare una persona che parla a vanvera e che non risponde a tono.